mercoledì 28 gennaio 2015

Ufo a casa Robinson

Castello dei Robinson, Tenuta di Greenwood, nei pressi di Londra, anno 1730


Jake alzò gli occhi dal tomo polveroso, annusando l'aria che con una folata aveva fatto irruzione nella monumentale biblioteca. I suoi sensi si acuirono all'unisono, in allerta. Nello stesso istante la moglie Eva spalancò la porta folgorandolo con un'occhiata carica di apprensione. Si scambiarono un cenno d'intesa e uscirono in giardino. Il cielo era sgombro, il sole splendeva alto e una brezza delicata accarezzava le chiome degli ontani e delle querce.
- Lassù! - gridò a un tratto Jake, mentre la trasformazione esasperava il prognatismo in un mostruoso fiorire di zanne e artigli.

Un velivolo di forma ovoidale, d'argento splendente, calò in un baleno emettendo appena un leggero ronzio.
Le pupille di Jake si contrassero per mettere a fuoco la minaccia incombente, le iridi gialle erano iniettate di sangue.
Anche sua moglie aveva assunto fattezze ferine e ringhiava sommessamente. Ai lati dell'oggetto volante spuntarono due piedistalli e il disco si posò sull'erba con uno sbuffo di vapore biancastro.
Un'apertura rettangolare comparve sibilando e uno scivolo d'acciaio si compose pezzo per pezzo fino a toccare terra.
I due licantropi erano carichi di tensione, i muscoli guizzanti e la pelliccia crepitante di cariche statiche. Due imponenti figure blu si stagliarono nel vano del portello.
Jake ed Eva si abbassarono leggermente, caricando la spinta sulle zampe posteriori, le narici sbuffanti e gli artigli pronti a lacerare. Man mano che i misteriosi visitatori scendevano lungo la rampa Jake riconosceva un che di familiare.
- Che razza di mostri sono mai questi?! - pensò Eva. - Sembrano degli enormi gorilla con la testa d'elefante ma la pelle è squamosa e hanno quattro braccia e quattro gambe...
Il più alto dei due premette un bottone sul collare dell'armatura e iniziò a parlare. Indossava un mantello rosso contornato di pelliccia e una corona incastonata di gemme.
Jake era tornato rapidamente alle sembianze umane. Questo tranquillizzò Eva che fece lo stesso.
- Salute a voi Terrestri, mi esprimerò nella vostra lingua. Sono Axior, sovrano di Aireon, e questi è la mia guardia del corpo, Valior. Vengo per conto del capitano Liar e del tenente Sennar. Mi risulta che li abbiate conosciuti.
Eva guardò Jake che annuì col capo. - Durante la Caccia, - le bisbigliò.
- Non me l'avevi mai detto... - brontolò la moglie.
- Abbiamo combattuto assieme, maestà. Sono stati degli eroi. Purtroppo non ce l'hanno fatta, - esclamò Jake.
- Lo so. Ho visto tutto collegandomi alla loro astronave: il sistema di monitoraggio era rimasta intatto nonostante lo schianto. Anche voi, signor Robinson, vi siete battuto valorosamente. Le videocamere hanno ripreso tutto ciò che accadde su quell'isola. Avete aiutato e sostenuto i miei due sudditi con tutte le forze, fino all'ultimo. E per questo voglio ricompensarvi. Accettate, vi prego, oltre alla più piena gratitudine, mia e del mio popolo, questo omaggio.
Fece un cenno a Valior che consegnò con disinvoltura a Jake un blocco di un metro per due. Al sole rifletteva un bagliore accecante e pesava talmente tanto che se il pirata non fosse stato un licantropo sarebbe sprofondato fino alla cintola nel terriccio del giardino.
- So che questo metallo sul vostro pianeta è considerato molto prezioso. Su Aireon ne abbiamo in quantità e non ce ne facciamo nulla. Da voi è chiamato... «oro», dico bene? La pronuncia è corretta?
- Dite bene, eccome se dite bene, maestà! - esultò Jake con gli occhi che luccicavano più di quel tesoro. - Ti rendi conto, moglie mia? E' più di quanto abbia messo insieme in una vita intera da filibustiere!


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lunedì 26 gennaio 2015

Ciao, Jake!


Il vecchio bimotore rollava come se i bulloni dovessero staccarsi da un momento all'altro. Le eliche solcavano il cielo con fracasso d'inferno; a Giulio sembrò quasi una mancanza di rispetto verso quell'incantevole panorama. D'altronde era Marco l'appassionato e l'esperto di aerei (e di motori in genere).
- Ehi, - aveva esclamato una mattina entrando come una furia nella falegnameria. - Ma tu lo sai quanto vive un licantropo?
Bella domanda. In effetti... Giulio arrestò la sega circolare con un'espressione perplessa dietro gli occhiali protettivi.
Il suo amico nonché socio aveva ragione. Jake era indietro di quasi 300 anni ma forse era ancora vivo: loro erano sempre pervasi da un vigore insolito e prepotente, in ogni momento della giornata. Una vitalità strabordante li accompagnava ovunque: nel lavoro, nei passatempi, negli sport, in ogni cosa che facevano, come un sottofondo costante.
Avevano quindi deciso, sulle ali delle ferie d'agosto, dell'entusiasmo e di quel Cessna decrepito (cui Marco si era dedicato negli ultimi cinque anni come un alchimista con la ricerca della pietra filosofale), di far rotta verso l'Isola della Scimmia.

                                                               ***

- Cavolo, adesso dove atterriamo? - sbottò Marco urlando a squarciagola nel tentativo di sovrastare i motori.
Be' certo, l'isola era molto cambiata dal 1724, dai tempi della Caccia. Schiere di scintillanti alberghi tutti vetro e acciaio avevano rimpiazzato anche l'ultimo sbuffo di verde e marciavano fin quasi alla battigia. Una farinosa lingua beige pinticchiata di bagnanti brulicanti si perdeva sconsolatamente nella risacca turchina; il mare era forse l'unica cosa rimasta come allora.
Ammararono a un centinaio di metri dalla costa, soluzione decisamente poco ortodossa ma obbligata. Fossero stati in elicottero si sarebbero beatamente posati sulla terrazza di un albergo, incuranti delle ire del proprietario, di una mezza dozzina di suoi inservienti e dei poliziotti accorsi subito dietro. Almeno il loro, anche se un «catorcio volante» (così lo chiamava Giulio, Marco l'aveva preso per due soldi da un amico che voleva donarlo a un museo aeronautico), era un «idro»volante, con due provvidenziali galleggianti. Marco calò l'ancora (altra stravagante soluzione tutta sua, l'aveva rubata da una petroliera in disuso) e nuotarono senza fretta fino alla spiaggia. Si fecero strada fra gli sguardi attoniti dei turisti e le risatine dei bambini che li additavano, puntando il gabbiotto in legno di un Centro Informazioni che ammiccava come un miraggio nel deserto. L'avvenente receptionist li accolse con un sorriso ampio quasi come la scollatura, dissimulando molto professionalmente la sorpresa e l'istintiva diffidenza.

- Salve, vorremmo informazioni sulla leggenda di Jake Robinson. Era di queste parti, vero? - chiese Giulio in tono compassato. Aveva studiato bene la parte e Marco lo osservava con scherzosa ammirazione.
- Esatto, signore. Cosa vuole sapere in particolare?
- Abbiamo trovato su internet che si è sposato e vorremmo sapere dove si era stabilito con sua moglie... - Marco continuava a rivolgergli sorrisetti compiaciuti.
- Il pirata Jake Robinson sposò una nobildonna inglese, Eva Sparrow, da cui ebbe una figlia, - rispose Silvia (così recitava la targhetta appuntata sul décolleté).
Katherine..., pensò Giulio ricordando la foto che avevano scovato in rete.
- I coniugi Robinson vissero nella tenuta di Greenwood, vicino Londra, fino alla fine dei loro giorni, - continuò Silvia porgendo loro un dettagliato opuscolo. - Ecco, qui trovate tutto: vita, morte e miracoli di Jake Robinson, - concluse conciliante.
- Morte speriamo di no, - sussurrò Marco. Silvia lo guardò interdetta e Giulio gli diede una gomitata. - Grazie mille signorina, - disse sbrigativamente tirandosi dietro l'amico.
- Ancora una cosa signori: se lo desiderate è possibile visitare il castello, nella tenuta. Ci vivono due vecchietti, loro discendenti a quanto sembra.
- Seee... discendenti..., - mugugnò Marco. E altra gomitata di Giulio che questa volta riuscì a portarlo via definitivamente.

Tenuta di Greenwood, nei pressi di Londra, agosto 2014

- Ehiii Jaaake...!
Il vecchio abbassò la scure e riparandosi dal sole con la mano scrutò i due pazzoidi che si sgolavano e si dimenavano a cavalcioni di quel trabiccolo volante.
Giulio e Marco fecero tre o quattro passaggi radenti, sempre gridando e sbracciandosi.
Alla fine l'anziano pirata realizzò. - Ciaaaooo ragaaazziii! - urlò lasciando cadere l'accetta.
- Eva! Vieni a vedere chi c'è! - Una graziosa vecchina raggiunse il marito lì sul prato, accanto alla catasta di legna.
Vista la splendida giornata Jake decise di stendere una coperta all'ombra di una quercia. Trascorsero tutto il pomeriggio a parlare: ricordarono la tremenda esperienza che li aveva fatti incontrare [ http://www.wizardsandblackholes.it/?q=la_caccia ], Giulio e Marco fecero la conoscenza di Eva e tutti e quattro raccontarono a briglia sciolta delle loro vite.
- E così vi siete messi in società e avete aperto una falegnameria... - fece Jake.
- Sì, «Legno dall'altro mondo». Coltiviamo e vendiamo la grinolia dei poveri Liar e Sennar, - rispose Giulio. Al pensiero dei due alieni si rabbuiarono un attimo ma poi la conversazione riprese col solito entusiasmo. Scorrevano fiumi, di parole e di birra fresca.

- Vivete qui da soli? - domandò a un certo punto Marco.
Jake ed Eva si scambiarono un'occhiata. - Venite, - disse infine il vecchio pirata alzandosi ed invitandoli a seguirlo.
Rientrarono tutti nel castello e fiaccole alla mano scesero in silenzio una ripida scalinata ricavata nella pietra grezza. Giunsero a una porticina di legno il cui chiavistello era bloccato da un lucchetto. Jake estrasse dal panciotto la chiave e introdusse Giulio e Marco nell'angusta grotta. Lui e sua moglie Eva attendevano sulla soglia. Un debole fascio di luce filtrava da una finestrella circolare, a rischiarare un piccolo altare con alcune candele, spente al momento, e due ritratti a carboncino. Due donne, una morta nel 1801, l'altra nel 1830. Sorridevano serene.
- Nostra figlia Katherine e nostra nipote Maddy, - spiegò Jake. - Hanno vissuto quanto un normale essere umano, - rivolse un tenero sguardo alla moglie - non si trasformavano, avevano poteri differenti dai nostri...



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venerdì 23 gennaio 2015

In punizione!


Katherine sorseggiava il tè appoggiata alla finestra, con una coperta leggera sulle spalle. Il sole che si spandeva placido sul mare di spighe animava onde di riverberi. Adorava ritagliarsi quella piccola parentesi di quotidiana beatitudine. D'un tratto un movimento colto con la coda dell'occhio la distolse dall'idillio. Si voltò leggermente e scorse una donna che risaliva il viottolo tenendo per mano una bambina. Quando si furono avvicinate abbastanza riconobbe la signorina Allison, l'insegnante di sua figlia, che stava strattonando, più che accompagnando, proprio sua figlia Maddy, per l'appunto.
Posò in fretta la tazza e si preparò a riceverle sulla veranda.

La signorina Allison si fermò ansimante, piantandole addosso un'occhiata accusatrice.
Maddy sollevò un istante lo sguardo per cercare conforto in quello della madre. La piccola aveva le labbra tese a fessura, gli occhi roventi e il visino corrucciato.
- Salve signora Robinson. - Disse la maestra spolverandosi la gonna, come se salutare la infastidisse data la gravità della situazione.
- Cosa è successo? - chiese Katherine senza ricambiare di proposito il saluto.
- Sua figlia si è meritata un'altra punizione. Ha rovesciato il calamaio in faccia a un compagno, - sentenziò come se dovesse attribuire la pena capitale.
- E cosa le aveva fatto quel bambino?
- Mi aveva preso in giro su papà... - sbottò Maddy fissando la mamma con aria supplichevole.
- Avevo appena assegnato il compito ed ero voltata a scrivere sulla lavagna. Non mi risulta nessuna presa in giro. Ho sentito un rumore, mi sono girata e Jeremy era tutto sporco d'inchiostro. Piangeva indicando Maddy e chiamandola «cattiva». Le rammento inoltre che il mese scorso sua figlia ha rotto un braccio a Peter, se lo ricorda? Per oggi la sospendo dalle lezioni e mi auguro, signora Robinson, che vorrà sfruttare il pomeriggio per insegnarle un po' di educazione e di buone maniere. - Girò i tacchi e calpestando furiosamente la ghiaia marciò in direzione del vecchio granaio che fungeva da aula scolastica.

Katherine prese amorevolmente per mano la figlia e la condusse in casa.
- Siediti e raccontami com'è andata, - le sussurrò. - Voglio sentire anche la tua versione. Zitella-Allison non mi sta troppo simpatica, - sorrise.
Il viso di Maddy si sciolse e si accese.
- Ci aveva dato un tema sul papà, - disse. - «Parlami di tuo papà». Ci sono rimasta male, mi veniva da piangere, - continuò con gli occhi lucidi. Katherine le prese di nuovo la mano e la piccola ricacciò indietro le lacrime, sforzandosi di continuare. - La signorina Allison se n'è accorta e mi ha detto che potevo farlo su di te, su mia mamma...
- Capisco, - annuì Katherine in tono grave.
- Ma quando la maestra si è voltata a scrivere il titolo alla lavagna, Jeremy da dietro mi ha detto che sono una bastarda e che tu sei una donnaccia. - Una lacrima scese piano a solcarle la guancia. - Peter poi aveva cominciato lui. Mi ha dato un pugno, in faccia eh! Io gliel'ho ridato sul braccio, anche piano...

Katherine chiuse gli occhi, concentrandosi. La scena le apparve nitida come se le si svolgesse davanti in quel momento: i capelli di Maddy che si gonfiavano, il banco che cominciava a tremare; infine il calamaio di Jeremy che esplodeva impiastricciandolo d'inchiostro.
- Noi siamo diversi, Maddy. Lo sai. - Disse Katherine in tono calmo, riaprendo gli occhi. - Jeremy si è comportato male. Non doveva dirti quelle cose. Cosa ti ho insegnato? Bisogna sempre rispettare il prossimo, no?
Maddy annuì abbacchiata, tirando su col naso.
- Non ascoltare gli stupidi o le persone cattive. Lasciali dire. Che t'importa cosa pensano di noi? Stiamo tanto bene io e te, vero?
- Sì mamma, - sorrise Maddy.
- Stai attenta coi tuoi poteri. Non farli vedere, tienili nascosti. Ancora non li controlli molto bene, ma col tempo ti abituerai. Io alla tua età non ero così svelta, - le sussurrò carezzandole i capelli.
- Ma tu mamma mi hai raccontato che da piccola hai combattuto... hai usato i poteri. Per salvare il nonno da Kasurotto...
- Kasumoto, - esclamò Katherine lasciandosi sfuggire una risata. - Era diverso, - spiegò poi tornando seria. - Ero stata costretta e ne andava della vita mia e del nonno.


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L'ultimo saluto


Reame di Geamar

Non aveva più nessun parente che potesse partecipare, ma in compenso c'erano tutti, gli alunni della sua classe.
Centosettantadue anni non erano pochi, nemmeno per uno stregone del suo rango. Se n'era andato coi colori della primavera, la stessa stagione che l'aveva messo al mondo e che gli aveva infuso la dolcezza delle sue brezze. Stormi di Pterfoi solcavano il cielo terso e sembravano volergli rendere omaggio con le loro grida. Jacob questa volta non si lasciò distrarre dai possenti sauri, come spesso accadeva durante le lezioni; il troll continuò assorto a scavare la buca, svettando con la sua mole sul gruppo dei presenti.
Aveva chiesto di essere seppellito accanto alla moglie Sandra, sotto una quercia poco distante dalla loro casetta. L'aveva piantata lui stesso, quella quercia. - Una vita accompagna una vita; una vita veglierà su un'altra che si spegne... - era solito dire.
Thearyn chiuse gli occhi per stabilire un contatto.

In quel momento, alla tenuta di Greenwood, nell'anno 1761...

La famiglia era riunita a tavola e la conversazione filava sull'onda del buonumore. L'abbondante stufato e l'amabile vino rosso lusingavano lo stomaco e scioglievano la lingua. D'un tratto Katherine si irrigidì e rimase come paralizzata, con un'espressione spaesata sul volto.
- Che hai Kat? - esclamarono con apprensione Jake ed Eva, all'unisono. - Stai male figliola?
La piccola Maddy, con un groppo in gola, osservava la mamma bloccata in quella posa innaturale.
Per fortuna durò solo qualche istante. - Thearyn ci chiede di andare, - annunciò Katherine come risvegliandosi di colpo da uno stato ipnotico. - Hoguar. - Fece una pausa. - E' morto.
Jake sentì il suo cuore saltare un battito. I muscoli di tutto il corpo si sciolsero come il getto di una cascata a strapiombo; perse la presa e il bicchiere rotolò sul tavolo spargendo il liquore.
Eva sgranò gli occhi e deglutì. Provò a dire qualcosa. Le parole si arrampicavano per la gola ma evaporavano appena oltre le labbra.
Sapevano però cosa dovevano fare. Si presero tutti per mano, includendo nella catena anche la piccola Maddy: non poteva rimanere sola, nonostante le circostanze fossero poco adatte a una bambina.

Reame di Geamar, qualche istante dopo...

- Alportas ilin tie kun ni
    In lingua esperanto significa «Portali qui da noi». - Thearyn sussurrò la formula e la famiglia Robinson al completo si materializzò a pochi passi dal gruppo. Subito un mormorio cominciò a serpeggiare tra gli ex-alunni di Hoguar: - Allora è lui... il pirata licantropo... Thearyn era con loro... le donne chi saranno? Boh... una la moglie, l'altra la figlia magari... e la bimba?
Quando Maddy guardò quelle persone, per l'emozione venne investita da un turbine di pensieri e stralci di visioni. Spaventata artigliò la gamba di Katherine, mentre scene convulse le si accalcavano davanti agli occhi, incorporee, come sospese nella nebbia.
- Va tutto bene, non preoccuparti. Calmati e respira a fondo, - la rassicurò la mamma che aveva intuito la situazione. - Controlla il flusso...
Jake salutò gli astanti con un gesto che li abbracciava tutti e presentò brevemente la moglie Eva, la figlia Katherine e la nipote Maddy. Si avvicinò al vecchio amico adagiato su un letto di rose e foglie. Si inginocchiò e gli prese la mano. Hoguar sembrava sereno, pervaso dalla sua solita, calma saggezza.
Jacob aveva terminato e attendeva appoggiato alla vanga, asciugandosi la fronte con la manica della camicia. Una lacrima scese lentamente fra la barba del vecchio pirata, ormai persino più bianca di quella di Hoguar. Infine Jake si alzò e si diede un contegno. Tutti i presenti, Thearyn in testa, aspettavano le sue parole.
- Ciao, amico mio, - iniziò Jake. - Adesso riposi beato all'ombra di questa quercia, che ti custodirà in eterno. Ma proprio come questa quercia veglia ora sulla tua vita, tanti anni fa tu vegliasti sulla mia. Combattesti al mio fianco. Tu e Thearyn mi avete salvato. Grazie a voi ho potuto farmi una famiglia. - Eva e Katherine rimasero serie, la piccola Maddy sorrise. - Ci siamo conosciuti in circostanze tragiche, - riprese -  ma da allora è nata una grandissima, fantastica amicizia. Ciao, coraggioso, leale e saggio amico mio. Un giorno ci ritroveremo...


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Finalista del Concorso "Br...Che Inverno" e pubblicato nella XIV Raccolta Antologica della collana "Les Cahiers du Troskij Café"


Evvai! :-)

"Gentile Concorrente, il suo componimento è risultato finalista del Concorso "Br...Che Inverno" ed è stato pubblicato nella XIV Raccolta Antologica della collana "Les Cahiers du Troskij Café", che sarà presentata SABATO 14 febbraio a Monterotondo (Rm) alle ore 15.30 durante la manifestazione eno-letteraria "W I ROSSI" presso la Sala Consigliare Comunale di "PALAZZO ORSINI" al Centro Storico di Monterotondo "

mercoledì 21 gennaio 2015

Altra soddisfazione


Menzione speciale al Premio letterario internazionale “Gina Labriola” 2014:

http://www.ginalabriola.org/index.php/it/